Domenico Gallizzi "Pittore naif"
Dedichiamo questo profilo ad un autore che può essere a buon diritto inserito nell’area dei pittori naifs in quanto sono rintracciabili in lui alcune delle peculiarità distintive di questa manifestazione espressiva. Ecco alcuni dati anagrafici che abbiamo raccolto da più fonti.
Gallizzi nasce nel dicembre 1953 a Limbadi (Calabria), in una famiglia contadina, terzo di sei fratelli. Frequenta le elementari e le medie e, nelle ore libere durante le vacanze, aiuta i genitori nel lavoro dei campi e nell’accudire il bestiame. L’ambiente collinare attorno al paese è costituito da una natura particolare ove le rocce e gli alberi, le ondulazioni e i dossi del terreno formano scenari sempre mutevoli a seconda delle posizioni. Tutto ciò si imprime nella mente di Gallizzi fanciullo e diviene un prezioso deposito ispirativo cui attingerà in seguito. Dopo due anni di scuola alberghiera si iscrive ad un corso per infermieri, conseguito il relativo attestato trova occupazione in ospedali della zona. Nel 1980 si sposa e si trasferisce a Bosco di Rosarno, un gruppo di case sparse su un terreno paludoso bonificato: poco distante piccole strade e sentieri si inerpicano verso la collina ove è nato.
Fino al 1989 conduce una vita tranquilla, divisa tra il lavoro e la famiglia: unico svago qualche scampagnata con i pochi amici rimasti in zona perché i più sono emigrati in cerca di un lavoro che l’ambiente non offre. Nelle feste Pasquali dell’89, durante una di queste gite in campagna, si frattura una gamba. Dopo tre giorni in ospedale, il rientro a casa. Durante il primo giorno di convalescenza nella sua abitazione fuma cinque pacchetti di sigarette dalle 8 alle 19. All’indomani decide di fare qualcosa, di impiegare il tempo in maniera diversa e sfuggire all’ozio forzato. Inizia a dipingere con le tempere del figlio su fogli di carta. Non sa nulla di accordi di colori, non possiede cognizioni artistiche ma solo vaghe reminiscenze di quei pochi, modesti rudimenti di disegno appresi alle scuole medie. L’esercizio pittorico lo distrae dal fumo, riempie la sua giornata e lo avvince; prosegue in questa attività anche dopo la piena guarigione, dopo la ripresa del lavoro, per semplice passione senza la presunzione di creare arte.
Nel 1990 un conoscente che per qualche tempo ha vissuto nel mantovano, vede le sue opere e ne iscrive un paio alla Rassegna dei Naifs di Luzzara: non vengono accettate; il tentativo viene ripetuto in occasione dell’edizione successiva ma con uguale sorte. Negli anni seguenti partecipa, quasi per gioco, ad alcune collettive, accanto a pittori di formazione accademica. Durante una di queste esposizioni ode un pittore che bisbiglia ad un visitatore che i suoi quadri non andrebbero neppure guardati. Ma Gallizzi non si adonta né si scoraggia continua a dipingere, solitario e riservato.
Ci viene segnalato a fine 91’ attraverso un’ampia documentazione fotografica ; notiamo alcune ingenuità compositive tipiche dei naifs ,anche se i gruppi di case sono realizzati diligentemente con regolari geometrie . Ma l’uso del colore non è armonizzato: alcune parti del quadro sono sfumate, altre con colori puri, vivaci, stesi a piccole pennellate, a volte con spessori materici. Non vi è ancora una compiuta unità stilistica e manifestiamo qualche perplessità e riserva, anche se si intravede una indubbia spontaneità. Nel Luglio 98’, dopo una lunga pausa, riceviamo un’ulteriore segnalazione, correlata da nuovo materiale fotografico e notiamo che alcuni aspetti ed elementi dilettanteschi si sono in gran parte attenuati e sono addirittura scomparsi.[...]
[...] La pratica della pittura è uscita dalla fase iniziale di semplice passatempo, di piacevole svago ed è divenuta una vera e propria insopprimibile esigenza. Le figure che prima apparivano in campo lungo, quasi elementi decorativi nel quadro, ora sono portate in primo piano ed entrano nel vivo del racconto. Agli inizi di quest’anno abbiamo modo di esaminare una serie di opere recenti e di riscontrare un ulteriore miglioramento. Ora la struttura compositiva si è fatta più ricca ed articolata e mostra che Gallizzi ha raggiunto un proprio particolare modo di dipingere, di esprimere le memorie della sua terra, il paesaggio, le colline, i luoghi della sua infanzia, rivisitati come in un sogno ad occhi aperti, per una chiara esigenza di ricordare e far rivivere “il periodo più felice anche se povero e costellato di privazioni” della spensierata giovinezza. Nella sua pittura si può notare inoltre la presenza di alcuni stilemi ricorrenti, di alcuni elementi caratterizzanti – come quello ad esempio di raffigurare i cavalli con alcune striature sul mantello che gli ricordano quelle di una strana cavalcatura presente nella masseria dei suoi genitori, ai tempi della sua fanciullezza – che conferiscono una impronta personale alla sua pittura. [...]
[...] La libertà compositiva di Gallizzi esula da qualsivoglia modulo precostituito, da tematiche più o meno cristallizzate in schemi comuni: così gli è perfettamente naturale e spontaneo ambientare una “Natività” sullo sfondo dei luoghi della sua infanzia o realizzare opere come “Le madri” o alcune “Crocifissioni” nelle quali i temi religiosi, accennati con disarmante semplicità, si intrecciano a squarci di vita quotidiana.
Infine da non sottovalutare e dimenticare alcuni episodi pittorici in cui la vivida fantasia sconfina nel fantastico e visionario, con qualche implicazione surreale, come nell’opera nella quale uno strano uccello reca all’interno, del suo piumaggio, ed anche nella cresta e nel bargiglio, raffigurazioni di visi, mentre il vaso di fiori è decorato con le sembianze di uno dei suoi tipici cavalli.
Tuttavia, anche rimanendo nell’ambito delle opere più “comuni”, semplici e descrittive , non si può sfuggire al fascino delle sue istintive composizioni dai vivaci e brillanti colori, a volte caratterizzati da insolite intonazioni cromatiche, perché si sente pulsare la schietta e sorgiva descrizione di una vita vissuta che affiora dalla memoria, filtrata dell’incanto di una non lontana “età fiorita”.
Sino ad ora Domenico Gallizzi non si è preoccupato di cercare occasioni di esposizione o di vendita delle sue opere: sono stati gli altri a notarlo ed a chiedere di acquistare i suoi quadri. In occasione di una collettiva, qualche tempo fa, egli si presentò il giorno successivo all’inaugurazione e non vedendo le sue opere appese alle pareti, chiese come mai non fossero state esposte; e grande fu la sua meraviglia nell’udire che erano già state acquistate. Fino al 1998 non firmava nemmeno le sue pitture, pago di averle realizzate. “Tutto quello che dipingo lo terrei per me. Mi piace, la sera, di ritorno dal lavoro, chiudermi nella stanza ove dipingo, circondato dai miei lavori “ .
Recentemente, presso il Rotary di Palmi , è stato presentato in una serata nella quale sono state mostrate diapositive delle sue opere riscuotendo lusinghieri consensi ed un convinto apprezzamento . Non siamo in grado di prevedere se l’opera di Gallizzi raggiungerà una fama più o meno diffusa: possiamo augurarglielo con tutta sincerità con la riserva, in cuor nostro, che non perda al freschezza e la spontaneità che contraddistingue la sua attuale manifestazione pittorica. Certamente siamo convinti che sentiremo ancora parlare di lui e, che la sua opera entrerà a far parte della ristretta cerchia dell’autentica manifestazione naive. [...]
Dino Menozzi
Tratto da: "L'arte naive-arte marginele" n°63 dicembre 1999 - AGE Grafico Editoriale - Reggio Emilia
Per gentile concessione dell'autore.
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